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Il Cammino inizia quando decidi di farlo e non quando cominci a camminare!
Uno zaino leggero, lo spirito giusto e un buon paio di scarpe, è così affronterò questo Cammino Portoghese che da Porto mi condurrà sino a Santiago di Compostela.
Ho da poco perso mia nonna, che per anni ha preso il posto della mia mamma diventando la donna più importante vicino al mio cuore. Una donna capace di insegnarmi molto e regalarmi attraverso le sue storie e i suoi racconti momenti indimenticabili della mia vita.
Viaggerò con lei come se fosse al mio fianco, questo cammino lo faremo insieme, infondo questa avventura è dedicata a lei.
C’è chi preferisce che le cose accadano, che il tempo dica la sua, io ho deciso di camminare…
Mi trovo a Porto, sono con il mio amico Max, questa avventura se pur fatta in compagnia si rivelerà da subito un cammino individuale.
Primi passi
Tramite la metropolitana raggiungiamo Modivas è da qui che il nostro cammino ha inizio. Siamo in procinto di un incrocio, non vi è anima viva, con la coda dell’occhio scorgo la prima freccia gialla e il simbolo della conchiglia.
Il cuore inizia a battere forte, siamo sulla strada giusta, quei due semplici disegni sul muro ci accompagneranno sino a Santiago de Compostela.
Sono passate quasi due ore quando ci fermiamo per la prima sosta in un locale lungo la strada e ci viene chiesto se vogliamo timbrare la nostra credenziale, il documento di viaggio del pellegrino che lo distingue da un semplice viaggiatore, da usare nelle strutture ricettive lungo il cammino.
Viene timbrata in tutti i luoghi di sosta e una volta arrivati a Santiago negli appositi uffici si può richiedere la Compostela, che sancisce l’attestazione dell’avvenuto pellegrinaggio.
Per ottenerla è necessario dimostrare di aver percorso almeno gli ultimi 100 chilometri, oppure 200 se lo si percorre in bicicletta.
Tornando a noi, quel timbro ha un suono particolare, difficile da dimenticare, sarà il primo di questa avventura.
Incomincia a piovere, lungo la strada visitiamo il Monastero di Vairão, qui riceviamo il nostro secondo timbro e acquistiamo le conchiglie simbolo del Cammino che appenderemo ai nostri zaini.
Ci dirigiamo ed entriamo a Vilarinho, superiamo il giardino con la vecchia torre e lasciamo l’asfalto per la strada sterrata, superiamo il ponte che ci porta a Ponte do Ave dove il paesaggio cambia completamente.
Passiamo attraverso i campi incolti, raggiungiamo Sao Miguel de Arcos, attraversiamo il bellissimo ponte romano sul Rio Este e ci fermiamo sotto la pioggia ad ammirare la bellezza della natura che ci circonda.
Dopo 35 km e più di 40000 passi arriviamo a destinazione, siamo a San Pedro de Rates al primo ostello ufficiale del Cammino Portoghese.

Buon cammino
Apro gli occhi intorno alle sette senza sentir suonare la sveglia, in ostello ci sarà sempre qualcuno che si alzerà prima di te. Ci prepariamo velocemente, prendiamo i nostri zaini, auguriamo buon cammino ai compagni incontrati con cui abbiamo condiviso la stanza e riprendiamo la nostra strada.
Ci lasciamo alle spalle le ultime case, prendiamo la strada battuta attraverso boschi e campi poi ritroviamo la via principale fino ad arrivare Pedra Furada.
Il nome a questo paese lo da una grossa pietra con un buco in mezzo, situata vicino a una piccola chiesa dove noi ci fermiamo per una sosta e ahimè per il primo cerotto da mettere sotto il piede per una vescica (cazzoooo !).
Si riparte, costeggiamo un frutteto, salutiamo il suo proprietario che ricambia il saluto e ci fa cenno di fermarci. Scambiamo due parole, ci chiede da quale parte del mondo veniamo, poi ci regala delle arance augurandoci buon cammino.
Sono bellissimi questi semplici gesti, rendono speciale il viaggio e unica questa avventura.
Ci imbattiamo in un temporale, siamo costretti a sfoderare il kit anti pioggia e per tenere i piedi asciutti utilizziamo delle borse di plastica legate alle caviglie con degli elastici… funziona alla grande!!!
Seguendo la strada principale passiamo attraverso i piccoli paesini di Pereira, Carvalhal, Monte de Baixo, Fulões, Santa Cruz e Barcelinhos, incontrando un susseguirsi di pellegrini con cui condividiamo tratti di strada.
Proseguiamo per Barcelos sino a raggiungere il simbolo di questa cittadina, la statua del famoso Gallo di Barcelos!
Un reticolo di stradine rende il centro di questo luogo davvero affascinante meriterebbe di essere visitato meglio se non fosse che oggi i miei piedi, anzi per essere preciso le mie caviglie, iniziano a farmi davvero male, tant’è che alla prima farmacia acquisto delle solette che spero possano aiutarmi ad alleviare i dolori.
Lasciandoci alle spalle Barcelos, alterniamo strade asfaltate con strade in terra battuta, oltrepassiamo un piccolo bosco, superiamo i vecchi binari di una piccola stazione ferroviaria, sino ad arrivare appena prima di sera a Tamel.
Qui ci fermiamo, troviamo il nostro ostello e subito dopo aver fatto la registrazione mi libero delle scarpe e cammino a piedi nudi.
Primi Problemi
La mattina seguente sempre di buon’ora riprendiamo la strada sbagliando però la direzione e allungandola di alcuni chilometri sino al ritrovamento delle nostre frecce amiche.
Nei pressi di Vitorino dos Piães ne approfittiamo per bussare alla casa di Fernanda Rodrigues che da alcune storie raccontateci offre ospitalità ai pellegrini ed è sempre disponibile per un saluto ed un aiuto.
Io e Max conosciamo il marito a cui chiediamo solo dell’acqua che ci viene data, accompagnata da una energica stretta di mano e con l’auspicio di un buon cammino!
Nel primo pomeriggio arriviamo a Ponte de Lima il nostro ostello aprirà solo intorno alle 17.00 così ne approfittiamo per guardarci in giro e cercare di nuovo una farmacia.
Devo assolutamente trovare qualcosa che mi faccia passare il dolore che mi sta causando non pochi problemi.
Tra una risata e una presa per il culo da parte di Max torniamo all’ostello, timbriamo la credenziale, metto del ghiaccio e della crema sulle caviglie e mi metto a riposare in branda.
Vengo svegliato da uno tipo strano che si siede sul bordo del mio letto, si tratta di Josè Antonio Garcia Calvo il marinaio pellegrino dei record che gira per il mondo ormai da 10 anni raggiungendo e visitando tutti i santuari del mondo a piedi.
Mi mostra dei ritagli di giornale della sua incredibile storia a partire da quelli relativi al terribile naufragio, da cui si salvò miracolosamente e che lo portò a fare il voto alla Madonna, pellegrinare per il mondo.
La notte di Capodanno del 1999 il peschereccio norvegese su cui era imbarcato come cuoco naufragò nel mare del nord. Lui fu l’unico superstite su diciassette membri dell’equipaggio.
Riuscii a tenersi a galla aggrappato ai corpi di due dei suoi compagni annegati, passò 12 ore nell’acqua gelida, era allo stremo delle forze quando un elicottero dei soccorsi lo salvò.
Passò 8 mesi in una camera iperbarica e durante il ricovero i medici gli dissero più volte che non avrebbe riacquistato l’uso delle gambe, i danni del congelamento erano troppo gravi e solo un miracolo l’avrebbe potuto far camminare di nuovo.
Ci disse che lui quel miracolo lo chiese alla Madonna del Carmelo la protettrice dei pescatori.
Promise che se gli avesse ridato l’uso delle gambe, le avrebbe usate per visitare a piedi tutti i santuari che le sono dedicati nel mondo.
Quando mosse i suoi primi passi in ospedale i medici non volevano credere a quello che vedevano. Dopo altri 4 mesi di ospedale venne dimesso. Era arrivato il momento di tenere fede alla promessa fatta.
Il suo lungo pellegrinare l’ha portato al magnifico incontro con il Papa e persino con il Dalai Lama, oggi dopo aver percorso più di 85000 km e aver visitato tutti i Santuari del mondo, il suo lungo viaggio giunge al termine.
Questo è il suo ultimo cammino, sta per tornare a casa a Cadice per riabbracciare la figlia e la sua nipotina, poi si dedicherà a tempo pieno a fare il nonno!
Che storia incredibile, che incontri si fanno lungo la strada, c’è sempre qualcosa di nuovo, c’è sempre qualcuno capace di stupirti.
Guardo Josè dritto negli occhi poi mi alzo dal letto e lo abbraccio più forte che posso dimostrando tutta la mia stima.

Una scelta difficile da affrontare
Il mattino seguente la sveglia è alle sette, niente da fare la notte di riposo non è servita, il dolore alle caviglie è aumentato, è come se a ogni passo tanti piccoli aghi mi trafiggessero.
Non posso camminare in questo stato, per la prima volta penso che forse il mio cammino sia già finito, non sempre le cose vanno come le si è pensate e sognate. Mi siedo al bordo della strada dico a Max di lasciarmi un momento da solo.
Sto riflettendo, penso alla mia nonna, volevo dedicare questo cammino a lei, volevo portarla con me sino a Santiago, volevo vedesse le meraviglie di questo viaggio attraverso i miei occhi, ma le forze, le mie gambe non ce la fanno più… mi viene da piangere.
In quello stesso momento vedo Josè che mi saluta e mi raggiunge. Si siede vicino a me, mi chiede come mi sento.
“Male Josè davvero male.”
“Lo sai Rubens ho visto persone costrette a mollare per i tuoi stessi problemi. Non c’è nulla da vergognarsi, non si può fare nulla contra il dolore, contro le tendiniti, puoi solo fermarti, stare a riposo e rimandare questo tuo obbiettivo all’anno prossimo.
Però mi è capitato di vedere anche persone arrivare a Santiago su una gamba sola. Prenditi ancora qualche minuto, il Cammino si rivelerà, ti darà la risposta, il Cammino è magico e tu devi ancora scoprirlo.”
Josè si alza mi stringe la mano e mi saluta per l’ultima volta, andiamo in due direzioni opposte, non ci sarà più occasione di incontrarci.
Max si avvicina e mi chiede cosa ho deciso di fare.
Possono le parole donare energia?
Possono infondere coraggio?
Esistono parole magiche?
Cosa volete che vi dica, mi sono alzato, ho guardato dritto in cielo ho fatto l’occhiolino a chi so io e ho giurato a me stesso che sarei arrivato a Santiago.
Non importa come, ma avrei onorato la promessa, certo avrei avuto bisogno di un po’ di aiuto, sarei andato un po’ più piano, ma che ci crediate o no io in questo cammino non mi sentivo per niente solo.
“Max… sono pronto, andiamo!”
La strada si perde tra sentieri in aperta campagna, fino ad Arcozelo, attraversiamo il Rio Labruja poi di nuovo tra il verde dei boschi costeggiando il fiume sino a Salgueiro.
Le nostre frecce amiche ci conducono a Codecal, passiamo per Balada e Labruja, da qui si incomincia a salire attraverso sentieri che ci porteranno in cima all’Alto da Portela Grande.
Sono sentieri ripidi e rocciosi, con salite impegnative poi quasi in cima all’altezza della Cruz del Mortos devo fermarmi, il dolore mi sta uccidendo.
Mi tolgo le scarpe e le calze e le immergo in un ruscello che scorre li vicino, l’acqua è gelida, ma è quello che ci vuole, mi sento rinascere.

Confine Spagna – Portogallo
Qui alla Cruz del Mortos molti pellegrini lasciano qualcosa: un sasso, un foglio scritto, un braccialetto, una fotografia, io non lascio nulla, ma rinnovo la promessa… arriverò a Santiago!
Dopo una quindicina di minuti abbondanti mi rivesto, sono pronto a ripartire… non si molla un cazzo!
Il paesaggio cambia di continuo, vediamo i vecchi mulini di Cabanas, passiamo nei pressi di San Roque, da qui un sentiero, un tratto di bosco e finalmente raggiungiamo la meta di oggi, Rubiaes.
Al posto del classico ostello optiamo per una casa che troviamo all’inizio del paese. Conosciamo Marlene, la padrona di casa, che accende il fuoco del vecchio camino e ci indica una locanda dove poter cenare.
È la sveglia delle 6.30 a svegliarci, oggi è un giorno importante, lasceremo il Portogallo ed entreremo in Spagna, quindi senza perdere troppo tempo ci mettiamo in strada.
Abbandoniamo da subito l’asfalto, prendendo il sentiero che conduce al vecchio ponte romano di Rubiaes, mi sembra di avvertire meno dolore del solito, ma dopo pochi km mi rendo conto che anche oggi dovrò stringere i denti.
Oltrepassiamo la chiesa di San Miguel dove secondo la leggenda pare abbia dormito la regina Isabella durante un suo pellegrinaggio, poi arriviamo a Fontoura, Pedreira fino a Valenca Do Minho.
Passeggiamo tra i bastioni settecenteschi e tra i vicoli pieni di negozi protetti dalle mura della fortezza in cima al colle. Proseguiamo per la via principale e ci dirigiamo verso il ponte di metallo che unisce le sponde del fiume.
Due orme l’una opposta all’altra, poste esattamente a metà delimitano il confine tra Portogallo e Spagna. Mi trovo esattamente in quel punto, mi basterebbe ancora un passo per entrare in terra spagnola ma mi fermo per alcuni minuti, mi volto, rendo omaggio al Portogallo che mi ha trattato bene e che si è fatto apprezzare poi finalmente mi muovo in avanti, sono in Galizia, sono a Tui.
Il cammino è un amico con cui passeggiare
Tanto per cambiare un acquazzone ci da il benvenuto, visitiamo velocemente la città, la cattedrale è davvero stupenda, poi affrettiamo il passo e cerchiamo un rifugio per la notte.
Ho preso la decisione che domani lascerò lo zaino, lo ritroverò alla mia prossima destinazione, finora ci ho messo il fisico e anche il cuore, ma se voglio arrivare al traguardo ho bisogno di escogitare un buon piano e questo mi sembra perfetto, ragionerò sul da farsi giorno per giorno valutando le mie condizioni.
Se è vero che sto dando tanto, sto sicuramente ricevendo altrettanto, non voglio considerare il cammino come una sfida, ma come un amico con cui passeggio a braccetto confidando tutto quello sento e che ho dentro di me.
Oltrepassiamo il ponte romano, passiamo San Telmo, il borgo di Santa Comba dirigendoci verso Porrino per poi superarlo e dopo 21km arriviamo a Mos, dove in un primo momento pensavamo di fermarci.
Decidiamo di proseguire, qualche km in più oggi vuole dire qualcuno in meno domani, così dopo un tratto boscoso costeggiamo uno dei tanti viadotti.
Il mio sguardo cade su una delle torrette in pietra che indica gli ultimi 100km, è una visione impagabile, una ventata di allegria, una forte emozione.
Una volta arrivato a Redondela decido di comprare un paio di scarpe nuove e dare fuoco a quelle che indosso. Da subito provo una bellissima sensazione, mi sento rinascere, almeno così sembra e così voglio sperare.
Dopo una doccia bollente mi metto a letto nella camerata e con una lampada in testa, per non disturbare, scrivo i miei appunti di viaggio.
Ripenso a tutto quello che ho vissuto sin qui, mi rendo conto che piano piano mi sto avvicinando al traguardo. Do un’occhiata in giro, ascolto il silenzio, c’è chi legge, chi dorme e chi sogna, qualcuno anche ad occhi aperti, uno di quelli sono io, sto immaginando l’arrivo a Santiago!
Verso le 5,30 veniamo svegliati dai primi pellegrini che si alzano dal letto, decidiamo di scendere anche noi dalle nostre brande.
Alle prime luci del mattino, usciamo dall’ostello, ho di nuovo il mio zaino sulle spalle, lungo il cammino non è difficile scorgere uno zaino in movimento, il tratto Spagnolo è decisamente più trafficato. Chiudiamo la nostra tappa arrivando a Caldas De Reis.

Gli ultimi chilometri e l’arrivo a Santiago
Il giorno seguente, se i calcoli sono giusti mancano due giorni all’arrivo a Santiago. Siamo immersi nelle verdi campagne attorno al Rio Bermana, incontriamo la bellissima chiesa di Santa Marina e tanto per cambiare incomincia a piovere, un acquazzone con forti raffiche di vento.
Fortunatamente siamo da poco entrati a Padron e riusciamo a ripararci in una locanda, dove ci fermiamo sperando che la tempesta passi.
Dopo quasi un’ora, il tempo non è migliorato e ci rimettiamo ugualmente in strada. Avremmo potuto fermarci qui e trovare una sistemazione, ma essendo arrivati presto preferiamo macinare più chilometri possibili.
Costeggiamo la linea ferroviaria fino ad arrivare alla chiesa di A Esclavitude e ammirariamo il santuario barocco del XVIII.
Nei pressi di Angueira de Suso il cammino si snoda in un percorso (sempre ben segnalato) di labirintiche viuzze.
Il defluire dell’acqua dai canali che danno sulle strade ha formato un vero e proprio torrente e siamo costretti ad attraversarlo bagnandoci i piedi sin sopra le caviglie.
Nei pressi di Areal siamo bagnati e infreddoliti così al posto di raggiungere l’ostello ufficiale decidiamo di fermarci alla prima pensione alle porte del paese. Mancano soltanto 15 chilometri a Santiago!
Quando la mattina siamo di nuovo in strada è ancora buio, oggi è il grande giorno… un giorno che difficilmente scorderemo.
Nonostante il forte dolore alle caviglie ho un passo veloce, sono impaziente di arrivare e ad ogni colonnina che incontriamo, i chilometri diminuiscono e le emozioni salgono.
Quindici km, quattordici km, tredici, andiamo sotto i dieci, rallento l’andatura, sto praticamente zoppicando, ma non mi importa, in mente ho solo la piazza e la Cattedrale.
Entriamo a Santiago senza rendercene conto, la confondo per una delle tante città incontrate, siamo nella parte nuova, la zona moderna.
Raccolgo le ultime energie, inizio a scorgere le torri della cattedrale se solo potessi mi metterei a correre, ma non posso chiedere nient’altro al mio corpo.
Quando finalmente entro nella piazza mi inginocchio, guardo la cattedrale, ho gli occhi lucidi poi rivolgo lo sguardo al cielo e sento le lacrime scorrere sul viso.
Ce l’ho fatta, hai visto Nonna dove ti ho portato? Questo traguardo è per te, lo dedico a te.

Santiago di Compostela e la dedica a mia nonna
Senza averlo programmato siamo arrivati il giorno di Pasqua e in città c’è tantissima gente, facciamo visita alla cattedrale, abbiamo un’appuntamento che non possiamo perdere, la messa dedicata a tutti i pellegrini.
Ci sediamo sul pavimento, la chiesa è stracolma e di una bellezza e imponenza incredibile. Tra tutte quelle persone scorgo i compagni di cammino, di camerata, che hanno gli occhi lucidi simili ai miei.
In quel preciso instante mi abbandono e dedico le preghiere che avevo promesso di fare alle persone a me care e anche quelle per tutte le persone che mi hanno chiesto di dedicargliene una.
Non sono sicuramente la persona più indicata, non sono uno che va messa tutte le Domeniche, ma oggi essere qui per me significa molto.
Infine è il momento della dedica più bella, alla mia Nonna scomparsa da poco, che mi manca molto e a mia mamma che se ne è andata troppo presto.
“A te, che eri la mia Nonna d’acciaio, quella donna instancabile, a volte testarda, tutta di un pezzo.
A te che sei stata capace di superare nella vita dolori che ti hanno segnato e che avrebbero distrutto chiunque.
A te che hai dovuto vedere morire la tua unica figlia, la mia adorata mamma e che sei riuscita ad andare avanti.
A te, a cui avrei ancora tantissime cose da raccontare, voglio dire semplicemente grazie, per tutto quello che hai fatto per me e per tutto quello che mi hai insegnato.
Da te ho preso la tenacia, la determinazione e se in questo Cammino non ho mollato e sono riuscito a portarlo a termine, è perché tu eri con me e mi hai dato la forza.
Da te ho imparato a rialzarmi e non abbassare mai la testa.
Mi mancano le nostre giornate insieme, mi piaceva ascoltarti, era la parte più divertente della mia quotidianità.
Grazie di tutto… “
Quando usciamo dalla cattedrale ci dirigiamo verso l’ufficio del pellegrino a ritirare la nostra meritata Compostela, l’attestato scritto in lingua latina che certifica il compiuto pellegrinaggio.
Sento il cuore battere forte e quando è il mio turno mi emoziono nel vedere scrivere il mio nome.
Sono cittadino, pellegrino, viandante, vagabondo, zingaro, girovago del mondo e oggi ho realizzato uno dei miei più grandi sogni.
Chi lo dice che il viaggio è finito?
Quando la mattina seguente ci svegliamo, ci rechiamo prima a Muxia e infine a Finesterre, il punto che nell’antichità sanciva la fine del mondo.
Le acque dell’oceano si infrangono violente contro le scogliere battute dal vento e li, davanti a me l’ultima torretta, quella del km 0,00, il mio cammino è finito davvero.
Dai a ogni giornata la possibilità di essere la più bella della tua vita…
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