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Il mio viaggio in Nepal… è proprio al ritorno da questo viaggio che nasce l’idea di creare Pavia Viaggia.
Rubens Cerutti, da sempre appassionato di viaggi, viene contattato da Giacomo Bertoni, giornalista della Provincia Pavese, durante un suo viaggio in Nepal in solitaria per raccontare la sua avventura e rispondere ad alcune domande.
Rubens ci è tornato due anni dopo il terremoto che ha devastato il paese
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21 febbraio 2018
Vedere di persona luoghi raccontati dai grandi viaggiatori, respirare quotidianità completamente diverse dalla propria, tornare a casa più ricchi ma consapevoli che presto quella voglia tornerà e la valigia si riempirà ancora una volta.
C’è tutto questo e molto altro nel racconto di Rubens Cerutti, classe 1978, cuoco pavese con i viaggi nel sangue. Da poco rientrato dal suo ultimo viaggio in Nepal, Rubens è di nuovo ai fornelli nel suo “Public House”, locale che ha inaugurato nell’aprile 2001 con Michela e Claudio, una piccola oasi a Cascina Mensi, ad Albuzzano, per gli amanti della buona birra.
Il suo racconto è naturale e diretto: dopo aver percorso migliaia di chilometri dà per scontate distanze e fatiche che appaiono proibitive alla maggior parte dei suoi interlocutori.
Un po’ come il suo ultimo viaggio in Nepal: «Ci ero già stato due anni fa arrivando dal Tibet – racconta – ed ero rientrato in Italia cinque giorni prima del terribile terremoto che ha devastato il Paese.
Questa volta ho visitato la valle del Nepal arrivando fino a Pokhara, ai piedi dell’Annapurna, facendo trekking».
Dopo le immagini del terremoto, la voglia di tornare: «Volevo tornare in questo splendido paese dove la gente con un semplice saluto, un “Namasté”, ti conquista. E con un sorriso ti emoziona.
Il Nepal mi era rimasto nel cuore e volevo vedere come la popolazione fosse riuscita a ripartire dopo la terribile catastrofe.
Ora stanno ricostruendo poco a poco i vari punti di interesse, che sono anche patrimoni dell’Unesco». Il desiderio è quello della scoperta, non della semplice vacanza: «La vacanza è riposo, è sosta, è routine rallentata per recuperare le energie da una quotidianità caotica.
Il viaggio è scoperta, è crisi, è rigenerazione che nasce dalla ricerca di altro, di se stessi e forse anche del proprio posto nel mondo. Durante un viaggio si cerca di non avere imprevisti, anche se poi sono proprio quelli che caratterizzeranno il viaggio.
Puoi creare un itinerario, ma poi ti accorgi che non sei tu, ma il viaggio stesso a farlo. L’unica cosa che sai è che il timbro sul passaporto segna l’inizio di una nuova avventura».
Il viaggio, con i suoi colori, la cucina con i suoi profumi. Il legame in realtà è indissolubile: «C’è la curiosità di scoprire piatti nuovi, nuovi sapori, non nego che i tanti viaggi mi hanno portato a modificare o migliorare i piatti della mia cucina.
Quella nepalese è una cucina particolare, nella quale si sentono diverse influenze provenienti dalla cucina cinese, tibetana e indiana. Tutto sommato si mangia bene, ma la nostalgia per la nostra cucina si fa sempre sentire».
Mettere un freno al racconto è un’operazione complessa, soprattutto quando si arriva al capitolo disavventure, come un viaggio di 200 chilometri iniziato a Kathmandu.
Su un autobus locale e durato ben undici ore grazie a un mezzo preistorico e a un meccanico con una preparazione sommaria. Ora che si fa? «Beh, quest’anno faccio 40 anni. Li festeggerò in viaggio: a febbraio parto per l’India. Quale regalo migliore?».
Giacomo Bertoni
