Condividi questo articolo!
Eccomi qui. Mi sono presa qualche giorno prima di scrivere della mia esperienza in India, non troppi affinché le emozioni fossero ancora vive né troppo pochi per avere il tempo di metabolizzare il pensiero.
L’India è un paese complesso, è tutto il contrario di tutto, è oltre l’immaginazione, è l’eccesso in ogni cosa, nel rumore, nella sporcizia, nella fede, nella povertà.
Come disse un giorno il fotografo Dieter Ludwing a Tiziano Terzani:
“L’India è un’esperienza che ti accorcia la vita, ma è anche un’esperienza che dà senso alla vita”
Ed è così: se la si scopre giorno dopo giorno, se la si vive in un certo, modo l’India cambia la vita.
Facciamo un passo indietro…
Era il febbraio del 2018 e di lì a poco avrei compiuto 30 anni. Chiacchierando con l’amico Gianluca, gli ho detto: “Voglio andare in India“. Un mese dopo avevo i biglietti, me li sono regalata per i miei 30 anni: è un traguardo importante e ci vuole un viaggio importante.
Per anni ho rimandato, conoscevo le difficoltà emotive che avrei dovuto affrontare ma “questo è il momento” – mi sono detta.
Era il 29 luglio: sono partita con Daniele, mio compagno di vita e di avventure. Ecco un po’ di numeri:
2 zaini
5 voli arei
5 viaggi in treno
2 viaggi in bus
Innumerevoli tuk – tuk
L’India difficilmente si può raccontare, nessuna parola può definire ciò che gli occhi vedono e ciò che il cuore sente.
Come scriveva Tiziano Terzani:
“È tutto il contrario di tutto, è stupenda e crudele.”
Abbiamo visto il Taj Mahal, una delle 7 meraviglie del mondo, simbolo di amore eterno che incanta per la sua bellezza; abbiamo visto interi quartieri invasi da mucche, cani randagi, scimmie, maiali, cinghiali; abbiamo visto animali cibarsi di plastica e carta.

Abbiamo visto intere famiglie vivere, dormire e mangiare sui cigli delle strade con 4 stracci e una pentola annerita, abbiamo visto gente camminare scalza in mezzo alla merda, alla spazzatura e agli sputi, abbiamo assistito alla cremazione dei corpi.
Abbiamo visto persone farsi il bagno e lavarsi i denti nel fiume Gange e bambini correre nudi e sporchi per le strade, abbiamo ricevuto la benedizione dei Bramini, ci siamo svegliati con le scimmie fuori dal balcone, che con le loro adorabili zampine prendevano i cracker dalle nostre mani, abbiamo viaggiato in terza classe seduti su una tavola di legno, abbiamo venduto patate al mercato e preparato il cemento con delle donne muratore.
Ho coronato il mio sogno andando a Mcleodganji, dove risiede S.S. il Dalai Lama, che dopo la fuga dal Tibet vi insediò il governo in esilio. Anni di lotta, di progetti, di tempo dedicato alla battaglia tibetana… Trovarmi lì mi è sembrato quasi irreale, ho pianto dall’emozione.
Ed è lì che il mio cuore si è aperto, lì era la mia vera pace, la gioia pura… Assistere alla confessione delle monache e dei monaci del tempio, bere il tè e chiacchierare con loro, ascoltare i mantra, fare la Kora attorno alla residenza di S.S. il Dalai Lama: sono esperienze uniche che mai scorderò.
Storie dall’India…
Ciò che rende un viaggio speciale sono gli incontri, gli abbracci sinceri e i sorrisi spontanei… Non dimenticherò mai lo sguardo della donna incrociata il primo giorno a Delhi: si è avvicinata all’auto, Daniele ha tirato giù il finestrino, l’ho guardata. Aveva gli occhi più vuoti e più cupi mai visti in tutta la mia vita.
E Jai, il medico incontrato nella stazione di Udaipur: era notte, eravamo soli, persi, stanchi e sudati e lui ci ha aiutati come se fossimo fratelli. Prima di andare via ci ha abbracciati: “Che possiate avere la pace, amici miei”.
Potrebbe interessarti anche: Cronache Indiane di Carlo Buldrini

E poi la ragazza incontrata per caso in una via semi-deserta di Pushkra: era nel giardino di casa con la madre zoppa, mi hanno vista e mi hanno invitata ad entrare.
Le sue mani hanno avvolto il mio viso e con estrema timidezza lei mi ha salutata dandomi un bacio sulla fronte.
A Varanasi, una bimba che avrà avuto sì e no 7 anni trascorreva le sue giornate a fare la funambola sotto il sole cocente, fotografata e filmata come se fosse una scimmietta ammaestrata.
Mio Dio come ho pianto… L’espressione malinconica e gli occhi privi di quella luce meravigliosa che solo i bimbi possiedono mi hanno colpito lo stomaco come un macigno.
E poi c’è lui, il vecchietto tibetano, lui che ha davvero sciolto il mio cuore, lui che con semplicità ha commosso la mia anima. Era seduto su una panchetta di legno, l’ho visto da lontano, mi sono avvicinata.
Mentre mi impacchettava le sciarpe acquistate, balbettando mi ha detto “Mi tremano le mani, non riesco a fare meglio”. Ho preso le sue mani tra le mie e con gli occhi lucidi ho sorriso: “Ci penso io”. Giuro che mai dimenticherò il suo viso sincero segnato dalle fatiche del tempo.
L’India commuove e lo fa per davvero. È fatica, rabbia, rumore inimmaginabile, caos, sporcizia, bellezza, gioia, pace… Ed è proprio questa contrapposizione estrema e drammatica tra la meraviglia e la bruttezza, tra la ricchezza e la povertà che colpisce l’animo nel profondo.
Ho provato emozioni così forti e così contrastanti, ho riso e riso di cuore, ho provato dolore, compassione e impotenza per ciò che ho visto, mi sono commossa di gioia, ho pianto di rabbia e di fatica, ho sentito la pace intensa e il caos che disorienta.
L’India è un po’ come l’animo umano, pieno di colori e di sfaccettature in continuo mutamento. È come la legge della vita, che prevede che ci siano la il miracolo della nascita e lo strazio della morte, attimi di infinita felicità e momenti di intensa sofferenza.
L’India è l’India: o la si ama o la si odia, ma va vissuta, perché ti rendi conto di quanto sia importante ringraziare ogni giorno la vita, perché sì – cavolo! – sono fortunata e lo sono per davvero e ogni momento devo ripetermelo fino alla nausea e basta lamentarsi vomitando parole inutili, basta correre senza sosta… Goditi il presente, goditi ogni istante, ama, ridi, sogna, vivi!
E poi, seduti su una panchina aspettando il treno nella stazione di Pushkra, ci siamo guardati e “Siamo stati bravi” – ho detto. “Sì, siamo stati proprio bravi!”.
Namasté, India.
Facebook: Francesca Favaron
