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Viviamo di emozioni, alla ricerca di una vita senza rimorsi né rimpianti, alla ricerca della nostra strada, quella giusta.
Per molti di noi il destino è scritto sulle suole delle nostre scarpe, non possiamo far finta di nulla e camminarci sopra senza accorgercene, è giusto procedere nella direzione dei propri sogni verso la nostra felicità.
Titubanti nel partire, ansiosi di quello che ci aspetta, ci ritroviamo in un luogo nuovo con tanti pensieri, ma senza paura, i viaggi portano sorrisi, portano emozioni che solo chi viaggia riesce realmente a comprendere.
Per vivere appieno le proprie emozioni, molte volte ci ritroveremo a essere soli, lungo il nostro cammino, il nostro viaggio, a prendere decisioni importanti. Partiremo soli, ma non lo saremo davvero, gli incontri faranno parte della nostra strada, incroceremo sguardi e sorrisi e il nostro zaino sulle spalle si riempirà di emozioni.
Viaggiare è perdersi nel mondo, perdersi dentro di noi, ritrovarsi e reinventarsi un po’ come il nostro amico Riccardo è riuscito a fare…
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Premesso che per quanto mi riguarda l’inizio di ogni viaggio coincide con la scelta della meta e delle date di partenza, in ogni mia spedizione due sono le cose certe: l’ansia che mi logora finché non ho prenotato il biglietto e l’ansia che scatta e, ovviamente, mi logora con l’avvicinarsi della partenza.
Con precisione quasi matematica, la settimana prima di partire inizio ad essere nervoso, a farmi domande, a sviluppare dubbi, pensieri, un crescendo fino alla vigilia, parto o non parto? Sarà il momento giusto? Non converrà forse rimandare?
A nulla vale fermarsi, ragionare e dire, beh, sono mesi che aspetto questo momento ed ora che ci siamo, perché non dovrei andare? Ogni volta quindi tengo botta e si parte.
Come per magia tutto scompare non appena la ruota dell’aereo tocca terra e, guardando fuori dai finestrini, capisco di essere altrove. Altrove dove tutto inizia.
Dove la nuova avventura parte davvero, al 100%. Tutto svanisce e lascia spazio ad un entusiasmo quasi adolescenziale, cieco ma rumoroso.
Sono ormai cinque anni che viaggio in Asia, tutto è iniziato con lo Sri Lanka e da li, ogni anno, seppur combattuto ed attratto dall’idea di provare qualcosa di nuovo e diverso, magari di scoprire l’America come Colombo, il mal d’Asia mi fa suo ed inevitabilmente finisco per restarne sopraffatto. Anche quest’anno è andata così, con uno dei viaggi più belli della mia vita, un mese in Vietnam.
Ciò che mi ha “strappato” dentro, colpendomi all’inverosimile fin dal primo minuto passato calzando nuovamente il suolo asiatico, è il sorriso della gente. Sempre. Comunque. Ovunque.
Un sorriso senza età, senza sesso, senza razza, senza religione e senza geografia. Incondizionato. Ha un potere che nemmeno ti immagini.
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Le primissime volte, purtroppo a causa della mala abitudine che la fa da padrona qui in occidente, specialmente in Europa, ero quasi imbarazzato o addirittura spiazzato dal fatto di essere continuamente salutato e, scusatemi la licenza poetica, “sorriso” da totali sconosciuti. Poi ci fai l’abitudine e sapete cosa diventa? Energia pura. Provare per credere.
Come detto la mia prima esperienza asiatica è stata un mese in giro per lo Sri Lanka. Potrei scrivere ore ed ore per cercare di spiegare tutto quello che mi ha trasmesso quel viaggio, quella terra e quella gente, ma sarebbe difficile anche solo avvicinarcisi. Ne sono stato travolto e non me lo aspettavo.
Da lì, da quell’esperienza, è cambiato definitivamente il mio modo di viaggiare e forse anche di vivere. Anzi, mi piace pensare che il cambiamento fosse già in atto e che quel viaggio ne abbia rappresentato il bocciolo che fiorisce.
C’è da dire una cosa molto importante però: quel viaggio è capitato nel periodo più delicato della mia vita, quando, dopo anni di studi e lavoro nelle vesti di avvocato, ho deciso di mollare tutto, di prendere in mano la mia vita e di andare a fare qualcosa che mi piacesse veramente, che mi facesse sentire vivo e realizzato. È così che sono diventato tatuatore.
Ricollegandomi a quanto detto in precedenza circa le mie ansie pre-partenza, vi lascio immaginare il bagaglio di pensieri ed emozioni che avevo dentro in quel periodo (l’esperienza in Sri Lanka è stata alcuni mesi prima di prendere la decisione di cambiare vita, quando la pentola era in ebollizione, pronta ad esplodere, ma non lo aveva ancora fatto).
Tutto quello che è successo dopo richiederebbe molte altre parole, molti altri racconti ma, per adesso, accontentatevi di sapere che al mattino mi alzo sorridendo.
Non è facile mettere a posto tutte le emozioni che un viaggio come quello in Sri Lanka ti lascia. O almeno non lo è per me. Penso però che questo discorso valga quasi per ogni vero viaggio.
Da questo punto di vista sono un po’ ossessivo – compulsivo e quindi, ad ogni ritorno, è come se iniziasse un countdown finalizzato ad organizzarsi internamente per riporre ogni emozione al posto giusto nel grande armadio detto cervello, ognuna nel suo ripiano, nel suo scaffale di competenza.
Forse questa è la visione pragmatica del mio modo di viverle le emozioni, affrontandole una ad una, come se le dovessi digerire nuovamente tutte prima di “archiviarle” o assimilarle.
Alla fine l’emozione è come il cibo, ne abbiamo bisogno vitale, ce ne nutriamo, ne assimiliamo tutta la parte che ci serve a stare bene. Forse anche scartiamo i residui in eccesso, o il superfluo.
Ma…esistono emozioni superflue?
Riccardo Filimbaia
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